Questi due termini, spesso accomunati nel linguaggio comune, presentano in realtà alcune sostanziali differenze, soprattutto dal punto di vista del trattamento fiscale. Cerchiamo di fare chiarezza.
COSA SI INTENDE PER WELFARE AZIENDALE
Quando si parla di welfare aziendale ci si riferisce all’insieme dei benefici e prestazioni erogate dall’azienda al personale nell’intento di integrare la componente monetaria della retribuzione, sia in funzione di sostegno al reddito, sia in funzione di miglioramento della vita privata e lavorativa.
Considerando la finalità socioassistenziale del welfare aziendale, possiamo provare ad elencare quelle che sono le sue macroaree di intervento:
- Utilità sociale (es. corsi di lingua, abbonamento palestra, abbonamento a riviste, check-up medici);
- Contributi previdenziali e assistenziali (per i quali esiste un limite di spesa su base annua che è di € 5.164,57 per i contributi versati ai fondi di previdenza complementare e di € 3.615,20 per i contributi versati ai fondi di assistenza sanitaria);
- Abbonamenti per il trasporto pubblico;
- Servizi di educazione e istruzione per i familiari (es. costi per baby sitter, rette asili nido e scuole materne, rette scolastiche, quote campus estivi e/o centri estivi o invernali);
- Servizi di assistenza a familiari anziani o non autosufficienti (es. spese sostenute per operatori socio assistenziali, servizi di assistenza domiciliare);
- Fringe benefits (che godono di vantaggi fiscali solo nel limite imposto dalla Legge e che analizzeremo in seguito).
Il Welfare aziendale deve essere messo a disposizione della generalità dei dipendenti o a categorie omogenee di essi e deve essere istituito e regolamentato mediante accordo/contratto, regolamento interno o come atto unilaterale.
La norma vuole che il datore di lavoro non possa erogare direttamente un importo monetario al lavoratore, ma deve fornire a quest’ultimo beni o servizi (magari attraverso una piattaforma welfare). Inoltre, da un punto di vista pratico, nel corpo del cedolino ci sarà un riferimento al bene o al servizio offerto a titolo di welfare, ma il relativo importo non andrà a concorrere alla formazione del netto in busta.
COSA SONO I FRINGE BENEFITS
I fringe benefits sono una forma di welfare aziendale. Si tratta di compensi in forma non monetaria, consistenti nella messa a disposizione di beni e/o servizi a favore dei lavoratori dipendenti (o di qualcuno di questi) senza che vi sia un preciso obbligo di legge.
Il vantaggio di questi benefits, così come regolamentato dall’art. 51 – comma 3 e 4 – del T.U.I.R., è che non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente se di importo non superiore, nel periodo d’imposta di riferimento, a € 258,23 (limite innalzato nel 2024 a € 1.000 e a € 2.000 per i lavoratori con figli a carico).
Qualche esempio di fringe benefit? Buoni carburante, buoni acquisto in store digitali (es. Amazon, Zalando, etc.), buoni acquisto in negozi fisici e buoni pasto.
Attenzione però, perché nella categoria dei fringe benefits rientrano anche altre fattispecie, regolamentate ad hoc, come la concessione del cellulare aziendale, del computer, di un prestito a tasso agevolato, ma anche la macchina e ogni altro mezzo che il dipendente può trovarsi a utilizzare anche al di fuori del proprio orario lavorativo.